BOLDRINI E LA DESINENZA DELLA CRUSCA
Dal blog di Antonella Grippo, altrimenti detta " La sparigliatrice di Sapri , giornalista dal tratto irriverente e politicamente scorrettissimo" , riprendiamo questo articolo boldriniano da "il Giornale" di oggi sperando che Antonella non Ci contesti, costringendoci a "depennarlo". E' troppo veritiero, simpatico e gustoso per resistere alla tentazione della sua diffusione. Intanto la ringraziamo per aver citato l' Abruzzo con la " Carmelitana scalza". Ma c'è di più e meglio. Sollecita la riflessione sull' attuale funzione dell' Accademia della Crusca nata per tutelare e diffondere l'uso corretto della nostra lingua, mentre ora pare che stia cambiando funzione
Il problema non è solo quello della "desinenza di genere" , la cui origine e provenienza , tutto sommato, lascia il tempo che trova . La questione più grave , sulla quale non ci risulta che la Crusca abbia preso posizione , è quella della "britannica" utilizzazione della lingua inglese "ab-usata" dai politici,dai burocrati dirigenti e dai colleghi di tutta la stampa, o quasi, per non far capire ai lettori che non conoscono la lingua estera di che cosa si parla. In merito –INTERVENTI – ne ha parlato più volte, purtroppo inascoltato. Approfittiamo, perciò, di questa occasione per chiedere ad Antonella di dedicare un intervento come quello boldriniano su questa problematica . Interventi glie ne sarebbe molto grato.
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L‘ Accademia della Crusca sottrae la parola all’ignominia del giogo “sessista” e decreta la morte della neutralità delle istituzioni.
Et voilà Madame la Presidenta. = Boldrini esulta.
Del resto , nello stesso giorno, alle tartarughe delle Tanzania è stato riconosciuto il diritto inalienabile di consumare gratuitamente uno spray in grado di debellare il più fastidioso dei pruriti ascellari.
La mia “misoginia” non ha più scuse : deve uscire dalla clandestinità.
Una dissennata casualità biologica, colpevole origine della mostruosa teologia dell’appartenenza di genere, mi costringe ad esperire , mio malgrado, affinità accidentali con alcuni paradigmi del “femminino politically correct”. Non è che se produci ovociti, in virtù di un mero incidente naturale, devi, ipso facto, operare transfert rispetto a boldrinici totem da discount, picerniane figurine o, nella peggiore delle ipotesi, serracchianici feticci formato tessera.
Parimenti, non basta situarsi a bordo di un Tampax per dirsi somiglianti, nonostante Civati.
L’ apriorismo uterino, in realtà, risulta essere categoria dello spirito che informa l’Opera Omnia di certa Mannoia Fiorella, sublime esegeta dei silenzi omertosi delle scaffaliste dell’ Upim. Kant non c’entra una mazza, sia ben chiaro. Così come io non sono “dolcemente complicata, sempre più emozionata”.
Mi riconosco, al contrario, iconoclasta, blasfema e maschista. Non c’è mistica da gamete che tenga. Men che meno quella che mi pretenderebbe assimilata al Verbo di Laura, presso il quale non si rinviene il benché minimo indizio di Simone de Beauvoir. Neanche con l’impiego del fiuto di mille cani molecolari.
Ad ogni buon conto, ” l’epica battaglia ” per la conquista dell’ agognata desinenza (a) può dirsi compiuta. Chi se ne fotte , poi, se si tratta di battaglia di retroguardia, piuttosto rafferma , dal momento che rispolvera rancidi arnesi linguistici del peggiore separatismo ovulare. Siamo alla “secessione del lessico”. Con la complicità della Crusca , da intendersi quale prodigioso rimedio per la stipsi che affligge il ” fallocratico glossario italico”.
Il ghetto è servito. L’altra metà del cielo derubricata ad un quarto di tettoia.
A quando la lettura obbligatoria alla Camera dei Deputati di classici del tipo “Le due orfanelle” , “La muta di Portici “, “Lamento aurorale di una carmelitana scalza abbruzzese “ ?
Dostoevskij? Troppo testosteronico. Ragazze, non scherziamo.! Mannaggia. Se solo fosse nato, grazie alla procreazione assistita, da una cellula di Matilde Serao impiantata nella tromba di Falloppio di Carolina Invernizio…