D'ANNUNZIO E IL DIALETTO ABRUZZESE DI PESCARA - FORSE E' STATO IL PRIMO AD USARLO , MA NON E' IL SOLO -- ALTRI VIVENTI NELLA NOSTRA PROVINCIA. NE SCRIVONO

Dopo aver letto il volumetto con i due saggi sul dialetto di Gabriele D'Annunzio , scritti da Licio Di Biase e Daniela D' Alimonte,  stampato dall' editore Solfanelli di Chieti, confermiamo che l'uso del vernacolo pescarese del Vate ci era sconosciuto. Abbiamo scoperto, intanto, due aspetti importanti

- il poeta condivideva l' uso dialettale del parlato e ne apprezzava il valore sociale  indiscusso , di cui siamo stati sempre convinti anche noi;

-- ha usato il dialetto per il contatto confidenziale con gli amici con i quali si poteva permettere , usando anche termini licenziosi ( oggi superati) , di non rispettare le "regole" letterarie.

 Sul primo aspetto ci piace trascrivere , dalla pagina "9" del volumetto , quanto il Poeta affermò, nel 1897, in un discorso elettorale a Miglianico (CH) :

"" I popoli forti e felici sono quelli che non disperdono l' essenza ereditata dalla loro stirpe ma la conservano gelosamente e ne impregnano ogni opera loro""

A testimonianza della sua "abruzzesità"  "pescarese"   pubblichiamo  il MADRIGALE  dedicato all' inventore dell' originale PARROZZO  d'Abruzzo.

Ma, a proposito del quasi centenario dolce di  D' Amico , abbiamo chiesto alla poetessa dialettale pescarese Mara Seccia , già insegnante elementare i pensione, di affiancare il MADRIGALE del Vate con un suo MADRIGALE  in onore della nonna Anna, che ogni Natale friggeva un dolce particolare  molto usato negli anni trenta ma ora in disuso "lu SCAJOZZE". Ci ha mandato il testo che pubblichiamo con l' indicazione degli incredienti usati dalla nonna .

Ci viene in mente una proposta per l'attuale D' Amico "parrozziere " di rinnovare la produzione di questo dolce. La ricetta se non la trova diversamente  si può chiedere alla signora Mara che certamente la fornirà volentieri.

MADRIGALE scritto il 9-nov. 1926 da Gabriele

A Luiggine d'Amiche

A Luigi D'Amico     ( inventore di un panettone tipico di Pescara)

E' ttante bbone  ' stu parrozze nòve                                                                                                        

         E' tanto buono questo nuovo  parrozzo                      

Che pare na pazzìe de San Ciattè

        Che sembra una pazzia di San Cetteo

Ch'avesse messe a ' su Gran Forne tè

        Che avesse messo nel tuo Grande Forno

La terre lavorate da lu bbove

        La terra arata dai buoi,

La terre grasse e lustre che se còce,

        la terra fertile e lucente che si cuoce

chiù tonne de   'na  provèle; a  'su foche

        più rotonda di un formaggio provolone, a un fuoco

gientile, e che duvente a poche a poche

        temperato , e che diventa piano - piano

chiù doce de qualunque cosa ddòce

        più dolce di qualunque altra cosa dolce.

Benedette d'Amiche e San Ciattè !          

        Benedetto D'Amico e San Cetteo

O Ddie, quante m'attacche  a lu parròzze,

        Però quando mordo un parrozzo,

ogne matine, pe lu cannaròzze

        ogni mattina , per la mia gola

passe la sise de l' Abbruzze mè

        ci passa una mammella del mio Abruzzo

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L'  SGAJOZZE D' NATALE

LE SGAIOZZE NATALIZIE

di Mara Seccia

Che fine sî fatte, care sgajozze,

                                   Che fine avete fatto, care sgaiozze,

dall’anime ‘mpo’ rozze

                   dal contenuto  un po’ rozzo,

‘mpastate di farine di grane

                        impastate con farina di grano

e di randinie, patane allesse,

                     e di granturco , patate lesse,

uva passe arriccichite

              uva passita già aggrinzita,

tante dolce e squisite?

            molto dolci e saporite?

Ive lu rre di lu pranze di Natale.

                   Eri il re del pranzo di Natale.

Dentre a ‘na grossa ceste

                        Contenute in un grosso cesto

truniggive pronte a ralligrà

                 la vostra visione rallegrava

lu jurne di la fistività.

                  il giorno della festa natalizia.

Quanta frijanne stritticheve

                             Quante "friggiture" doveva effettuare

                                                           nonna Anne! Sfinite, zitta zitte,

                                      nonna Anna ! Si stancava , ma zitta zitta,

      a'rrisperè l'addore dell’oje sfritte,

                         respirava l' odore dell' olio fritto,

e s’asciugheve lu sudore

            e si asciugava il sudore

nghe lu pizze di lu fazzole…

                             con una punta del fazzoletto in testa

Nû  aspittavame spiranzuse,

                             Noi bambine aspettavamo  un assaggio ,

‘ncantate e silinziuse. Ma

   in attesa  silenziosa. Ma

lu spute ‘m mocche ci faceve ‘ngluttì

                          la saliva in bocca ci faceva inghiottire

la vulije di darte ‘nu muccicotte.

   la voglia di morderne una.

Che fine sî fatte care sgajozze?

                Che fine avete fatto, care sgaiozze,

Dolce rimpiante dorate e croccante!

                     Dolci, dorate , croccanti e desiderate

E mentre a mezzanotte

            Ora a mezzanotte,quando  sento

               sone li rintucche, lu fiate me si stucche

                     i rintocchi di campane, mi si ferma il respiro

a ‘rcurdà lu tempe luntano

         ricordando il tempo lontano

quande, nghe ‘na mane trimante,

            quando con mano tremante,

ti pijeve e ti mitteve sotte a li dinte,

  ti prendevo e ti mordevo

piane piane, delicatamente,

                piano piano, per non farti male,cara sgaiozza…

pe’ nint fa male…E mentre l’angele canteve,

    E mentre l' angelo cantava

e la stelle  comete sbrilluccicheve…

       e la stella cometa luccicava…

tu mi scivulive dentre passenne

            mi scivolavi dentro passando

pe lu cannarozze, o deliziose sgajozze!

               per la gola, o deliziosa sgaiozza !

Ma lu tempe che veloce cammine,

            Ma il tempo che passa veloce

senza rumore, senza fatiche

               senza far rumore e senza fatica

trasforme l’usanze antiche.

    cambia le antiche usanze.

Cuscì sî state spudistate

            E' così che sei stata sostituita

da ‘nu prodotte ‘ndustriale

                da un prodotto industriale venuto

vinute da Milane, chiamate panettone

            da Milano  col nome panettone

che, ‘nzieme a la tradizione,

            che, oltre alla tradizione natalizia,

la frissore e la robba bbone

t’à mannate ‘m-pinzione.

               Ha mandato in pensione la padella

 friggitrice della buona roba

Se propie ancore vuleme unurà

 Adesso se vogliamo onorare ancora

la terra nostre, mbè, che vuleme fa’?

             la nostra terra che possiamo fare ?

Arcunzulemece nghe lu parrozze,

             ci possiamo consolare col Parrozzo,

care sgajozze!

Cara SGAIOZZA

Leggendo con attenzione questo scritto ci si accorge che, oltre a ricordare le particolari usanze culinarie  del tempo in cui era abitudine diffusa di  quasi "santificare "  le ricorrenze  con specifiche cucine tipiche, risalta evidente la descrizione , quasi involontaria, del clima familiare del tempo che col passar degli anni  sembra definitivamente scomparso, e di certo irrecuperabile. Meno male, comunque , che c' è chi non fa dimenticare: I POETI, soprattutto dialettali.