L'ABRUZZO PROVINCE = IL RIORDINO DISORDINATO FRA "AREE INTEGRATE" E "AMBITI TERRITORIALI"

Un riordino sempre più disordinato. Le "Aree Integrate" , da noi suggerite come ipotesi sostitutiva delle Province, sono un' idea che viene da lontano (1964) frutto di uno studio per l'individuazione di aree omogenee in Abruzzo, svolto su incarico dell' ex ISPES , (ora " Dipartimento per lo sviluppo delle economie territoriali ") Istituto che aveva come scopo primario quello : " di promuovere ed effettuare ricerche con metodi scientifici sui problemi dello sviluppo economico e sociale.".

 


L'incarico fu affidato a 4 specialisti: Agostino Paci , Manfredo Concioni, Bernard Van Heck e Guido Vincelli che "setacciarono" l' Abruzzo, ciascuno con la rispettiva competenza professionale, per individuare le aree che presentavano elementi in comune che le rendevano omogenee e , quindi idonee a sostituire le province quali "unità intermedie fra lo Stato e gli enti comunali", opportunamente aggregati, come prevede ora anche lo stesso Decreto Monti, sulla base di caratteristiche economiche e socio-culturali unificanti. anche mediante una "complementarità di interessi e di rapporti consolidati nel tempo tra gruppi di Comuni. Il problema, dunque , era quello di individuare gruppi di paesi omogenei in grado, non solo di curare la loro struttura territoriale , ma anche una comune struttura amministrativa capace di interloquire direttamente con lo Stato almeno fino a quando non si fossero create le Regioni.

A proposito delle province ci sembra utile riportare integralmente quanto recita il primo periodo del primo capoverso a pag. 7 dell' introduzione al volume.

"" Assai di frequente, ed anche in tempi recenti, studiosi di diritto amministrativo, uomini politici, sociologi, economisti, hanno rilevato come le circoscrizioni provinciali siano puramente convenzionali e poco più che delle sovrastrutture rispetto alle reali differenze di ordine economico e sociale esistenti tra le diverse zone del paese""

Detto questo, nell' indagine non si parla più di province . Quanto scritto sopra ci sembra sufficiente per ritenere che la decisione di eliminare le province affidando le sue funzioni agli "Ambiti territoriali " individuati dal "Documento definitivo" del Quadro di Riferimento Regionale , appare assolutamente non appropriata ad un riordino funzionale della gestione del territorio abruzzese.

-Gli "Ambiti territoriali " individuati con la relazione al QRR mancano degli elementi fondamentali per abilitarli alla funzione di "Unità territoriali intermedie" fra lo Stato e gli Enti locali. Ma non lo diciamo solo noi. Lo dicono implicitamente anche gli autori del "Documento definitivo" del QRR col paragrafo 6.4 dedicato alla "Ipotesi di regionalizzazione" . Leggere per credere.

6.4 Ipotesi di regionalizzazione

( La mappa degli ambiti è pubblicata fra i Documenti)

Non è certamente questa la sede in cui riprendere l'ampio dibattito sui concetti di regione, comprensorio, area omogenea o funzionale, sviluppatosi, tanto nel campo scientifico quanto in quello politico, a partire dalla formulazione stessa del dettato costituzionale e pervenuto, attraverso le esperienze ei tentativi di pianificazione degli anni Sessanta e Settanta, all'istituzione di griglie territoriali corrispondenti a zonature su base altimetrica (comunità montane) o ambiti di distribuzione dei servizi sociali (A.S.S.L.,distretti scolastici, ecc...).

L'individuazione di tali zonature ed ambiti è risultata spesso discutibile per i criteri adottati, con evidenti riflessi negativi sull'efficienza: valga, per tutte le possibili riserve, la frequente sottovalutazione dell'armatura urbana, con la creazione di strutture prive dei necessari centri decisionali o poggiate su dotazioni terziarie inadeguate. E' vero che non sarebbe stato facile garantire le autonomie locali facendo riferimento a poli esterni, in molti casi lontani; ma è anche vero che circoscrivere microsistemi uniformemente deboli al proprio interno non sembra averne favorito in alcun modo il decollo, mentre si sono moltiplicati gli apparati gestionali e, molto spesso, disperse ingenti risorse finanziarie con esiti mediocri.

D'altro canto, la dimensione dell'area intermedia con funzioni globali e capace di una reale autopropulsione è stata ricercata da quasi tutte le Regioni istituzionali, con metodologie diverse ma senza risultati apprezzabili: da ciò la tendenza, ormai affermata, a una rivalutazione degli Enti provinciali, che tuttavia necessiterebbe di una revisione confinaria tale da adeguare il disegno amministrativo alle modificazioni indotte dai processi di regionalizzazione.

La base di partenza per la proposta che segue è costituita dalla distribuzione geografica dei poli terziari, nonché dalla struttura delle "aree di mobilità", definite nel noto studio del CRESA Polarità e mobilità territoriale per studio e lavoro in Abruzzo (1987), le quali, come effetto combinato delle localizzazioni industriali e terziarie e della rete di comunicazioni, interpretano i flussi scaturenti dai processi reali di organizzazione dello spazio geografico e socio- economico. Poiché, in questa sede, scopo dell'analisi è la prima formazione del Quadro di Riferimento Regionale, appare subito evidente come gli ambiti funzionali, pur dovendo tenere conto dell'armatura terziaria, non possano disattendere - realisticamente - la griglia amministrativa formata innanzi tutto dai limiti provinciali, e poi dalla divisione spaziale delle competenze gestionali. Queste ultime riguardano in particolare, per le aree interne, il disegno delle Comunità Montane, l'istituzione dei nuovi parchi regionali e nazionali, le U.L.S.S., le aziende di promozione turistica. Per tutti questi riferimenti istituzionali intermedi sarebbe necessario procedere ad una esemplificazione. in particolare il problema si pone per il rapporto tra Enti Parco e Comunità Montane che nell'interno vengono ad avere funzioni omogenee.

Nel documento preliminare ci si è limitati a delineare le ipotesi di riassetto istituzionale per congruenti azioni nel sistema territoriale per le quali in fase transitoria si possa percorrere la via del "protocollo d'intesa" sia quella del "patto territoriale". Ne derivano sette ambiti subregionali, sufficientemente coerenti con le strutture gerarchiche ormai consolidate ed i processi di sviluppo conseguenti. Tali ambiti risultano individuati, dalle polarità principali, come segue:

Ambito: L'Aquila

Dal punto di vista dell'offerta di servizi privati, si tratta di un'area monopolare, comprendendo, oltre al capoluogo, solo due centri di distretto scolastico (Barisciano e Secinaro). E' formata da tre subaree (comunità montane A, B, C,), oltre al capoluogo, che concentra il 60% della popolazione e l'80% dei posti di lavoro extraagricoli. Si tratta, comunque, dell'area con più elevato livello di reddito (e di consumo) procapite, il che, se deriva in parte dalla bassa densità demografica e dall'incidenza del terziario pubblico, denota anche discreta solidità dell'apparato produttivo (nonostante la recente crisi di riconversione del polo telematico aquilano) e una buona utilizzazione economica delle risorse ambientali. Il sistema di comunicazioni, incentrato sulla A24, vede fortemente marginalizzata la Valle Aterno, vera "subarea problema".

Ambito:Avezzano e Subambito: Carsoli

L'area è caratterizzata da residue tendenze centrifughe del distretto occidentale (Carsoli), in direzione di Roma, e della Valle Roveto (a sud-ovest), in direzione di Sora. Per il resto, il fenomeno conurbativo fra il capoluogo e gli altri centri che si affacciano sul Fucino sarebbe da promuovere attraverso il rafforzamento di una struttura anulare. L'insediamento, anche qui, è notevolmente addensato nella zona centrale, appunto a corona del Fucino, le cui potenzialità agricole risultano ancora in parte evidenziate dal più basso rapporto fra addetti industriali - terziari e popolazione totale. Il livello del reddito si mantiene, in ogni caso, sui valori medi regionali, con un lieve sovradimensionamento dei consumi, indicativo della fase di transizione sociale in atto. Dal punto di vista relazionale, l'entrata in esercizio della superstrada dei Liri va considerata con cautela per i possibili effetti squilibranti nei rapporti gravitazionali con il Basso Lazio.

Ambito: Sulmona e Subambito: Castel di Sangro

E', questa, l'area più delicata del sistema interno, sia per la bassa quantità assoluta e relativa di popolazione, sia per la posizione lungo la direttrice longitudinale (da infrastrutturare) L'Aquila - Molise. L'attribuzione ad essa della subarea di Castel di Sangro rappresenta un fatto nuovo nella organizzazione regionale abruzzese, che appare tuttavia giustificato dalla debole propensione di tale subarea (includente i comprensori turistici degli Altipiani Maggiori e del Parco Nazionale) a gravitare sulla costa, almeno in attesa del definitivo completamento dell'arteria a scorrimento veloce "fondovalle Sangro".

Del resto, la Valle Peligna è divenuta la principale via di accesso per il flussi che vi si dirigono dall'area romana, e l'ipotesi di integrazione funzionale fra i due poli appare tutt'altro che infondata, in considerazione degli apparati produttivi e di servizi oggi esistenti.

Ambito: Teramo Sub ambito: Val Vibrata

Si tratta dell'unica area corrispondente a una provincia, pur se, al suo interno, si definiscono - secondo lo studio del CRESA - i bacini di mobilità in parte autonomi della Val Vibrata e di Atri - Roseto e se, dal punto di vista terziario, essa risulta di gran lunga la più fittamente urbanizzata, con ben 13 poli per servizi alle famiglie e 2 per servizi alle imprese. Fra questi si segnala Giulianova, che, raggiungendo livelli gerarchici elevati, costituisce un asse di forza con il capoluogo, alternativo alla struttura lineare costiera. Significativo anche il divario (massimo nella regione) fra reddito e consumi pro capite, a indicare la notevole capacità di autopropulsione interna al sistema, in aderenza ai caratteri tipici del "modello adriatico" di sviluppo.

Ambito: Chieti – Pescara

Area bipolare per definizione, in larga parte coincidente con il sistema metropolitano centrale della regione, concentra oltre il 35% sia della popolazione, sia delle attività industriali e terziarie (in termini di addetti), pur non potendo vantare livelli di reddito superiori alla media ed anzi riproducendo quella tendenza al consumo già rilevata altrove come possibile elemento frenante di uno sviluppo endogeno. L'appartenenza a due ambiti provinciali diversi pone un problema di coordinamento fra i rispettivi Piani Territoriali, mentre la distribuzione attuale delle dotazioni di servizi, in particolare alle imprese, evidenzia gli effetti di schermatura proiettati da Pescara sull'intorno. Appaiono pertanto da rafforzare alcune polarità lungo l'asse vallivo principale (Torre de' Passeri, Popoli) e nella fascia pedemontana (Penne, Guardiagrele), mentre sul litorale merita attenzione l'emergenza - anch'essa da valorizzare - del polo ortonese.

Ambito: Lanciano

Pur incentrata su un capoluogo non costiero, l'area denota forti squilibri a vantaggio delle zone interne, dove mancano - anche a causa della struttura morfologica e, per conseguenza, della rete viaria - centri di attrazione che vadano oltre le funzioni sociali elementari (Villa Santa Maria, Quadri, Palena). Viceversa, appare possibile l'integrazione fra Lanciano, tipica città terziaria, e Atessa, polo industriale in fase di avvio alla maturità, ma ancora privo di un'apprezzabile dotazione per i servizi alle imprese. La direttrice "fondovalle Sangro", pur escludendo il bacino confluente dell'Aventino, appare destinata a rafforzare il polo secondario, non solo con flussi pendolari della manodopera, ma anche di transito delle merci per l'opposto versante tirrenico.

Ambito: Vasto

La conurbazione Vasto-San Salvo, con funzioni terziarie e industriali, determina un assetto paragonabile all'area precedente, pur se con baricentro ulteriormente spostato verso il mare e con alcune polarità alternative (Casalbordino, Gissi), peraltro da consolidare. Anche qui si pone il problema dei collegamenti trasversali, che la "fondovalle Trigno" appare in grado di risolvere solo parzialmente, specie in assenza di un asse transcollinare parallelo a quello costiero e tale da chiudere un circuito di elevata mobilità. La dotazione

di servizi alle imprese sufficiente fino a un rango medio, oltre il quale l'intera area Frentana finisce per gravitare sul polo metropolitano pescarese.

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Ultima notizia che conferma l' incapacità politica di decidere in modo razionale :

Alle ore 21,12 di questa sera il Consiglio regionale ha deliberato a maggioranza di non decidere affidando l' incarico al Governo con una mozione che recita :

1. di non sottoporre al Governo alcuna proposta di riordino delle Province ubicate nel proprio territorio, ritenendo la completa soppressione delle stesse Province la soluzione più idonea al perseguimento delle finalità di riduzione dei costi della politica e rispondente alle aspettative di riorganizzazione e semplificazione del sistema Paese;

2. di invitare il Governo a predisporre e presentare alle Camere, con la massima urgenza, un progetto di legge costituzionale contenente le necessarie modifiche agli articoli 114, 117, 118, 119, 120, 132 e 133 della Costituzione, per una completa soppressione delle Province;

3. di dare mandato al Presidente della Giunta regionale ad impugnare dinanzi alla Corte Costituzionale qualsiasi ipotesi di accorpamento dovesse essere decisa dal Governo.